La pastorizzazione è un trattamento termico che viene utilizzato per la conservazione degli alimenti anche a temperatura ambiente, fino ad un anno dalla data di confezionamento. Si tratta di un processo che sfruttando l’aumento della temperatura assicura l’eliminazione parziale di batteri causa di spore spesso nocive per la salute.
Con la pastorizzazione non è possibile però eliminare tutti i microorganismi presenti nel cibo, per questa ragione essi vanno tenuti in frigorifero una volta aperti, o in altri casi sono conservati a basse temperature per tutto il periodo dalla produzione al consumo.
Alcuni cenni storici
La pastorizzazione come metodologia ha avuto origine circa 170 anni fa. Risale infatti alla seconda metà dell’800 quando il chimico francese Louis Pasteur fu incaricato di trovare una soluzione all’inacidimento del vino nelle lunghe tratte di mare necessarie ad esportarlo. Fu tra i primi a scoprire che bastava riscaldare il vino per alcuni minuti, tenendolo a temperatura costante di 57°C per eliminare batteri e funghi, prima che potesse partire il processo di fermentazione.
Da allora il processo si è affinato, ed è stato poi utilizzato per la conservazione del vino, ma anche del latte e poi delle conserve di frutta e verdura. La pastorizzazione, da non confondere con la sterilizzazione, viene utilizzata, praticamente da sempre, per le conserve realizzate in casa. Qualsiasi sia la ricetta, infatti, tutti noi conosciamo almeno una persona che realizza marmellate, sughi, o conserve di verdura fatte in casa, seguendo istruzioni tramandate per generazioni.